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memento

In questo mio manufatto virtuale trovano spazio affetti e interessi personali: immagini, foto, brani di canzoni e collezioni di testi condivisi o personali, già smarriti altrove nella rete del mare magnum, pensieri frutto di intuizioni, reminiscenze e rielaborazioni ancora in fieri.
Ad un certo punto della vita, quando ogni energia pare spendersi nello sforzo di ripetersi mai uguali a sé stessi, non è assurdo riconoscere che l'unica vera originalità risulta dalla epoché (= sospensione del giudizio): il silenzio.
Tuttavia, assecondo le usanze internettuali che prevedono una modalità per le missive: mai accada che io mi sottragga a reclami o suggerimenti; il ciarpame pseudo-ironico non è contemplato, dal momento che so ben pascolare il personale fottío d'animaletti nel boschetto della mia fantasia.

In promemoria facilito l'approdo a un sito ben articolato, con consigli molto curati e non astrusi nei dettagli, su come creare pagine web e comprendere il linguaggio ipertestuale (html=hyper text markup language): si tratta di WebLink; circa i cosiddetti "fogli di stile" (css=cascading style sheet) considero un ottimo spunto gli articoli pubblicati in extrowebsite , sebbene mi sia affidata in ultima istanza al mio estro e alla mia inventiva, rimaneggiando pure gli innumerevoli esempi nei siti in lingua inglese (google dixit).

Infine, io non pretendo né presumo che il mio angolo virtuale sia un ambiente professionale con tutti gli spazi logicamente distribuiti: mi rendo conto di essere una profana che percorre una sorta di labirinto, come in quelle dimore antiche dove una porta si affacciava talvolta su una stanza inaspettata o, addirittura, improbabile, così da condurre magari in qualche giardino segreto... insomma una casa a sorpresa; spero almeno non crei troppe perplessità, quasi fosse un gioco delle scatole cinesi.

divisore

La pagina bianca esiste solo la notte, appoggiati a un cuscino o in cammino su una strada, tra una via e un'altra, alla ricerca di una storia o di una poesia per liberare il proprio cuore. La pagina bianca esiste quando la pagina ancora non c'è.

Come i bambini, preferisco le illustrazioni alle mere parole, eppure mi permetto di chiarire l'incipit enigmatico della mia prima pagina ("un modello inciso in un silenzio che non tace") seguendo il filo di un racconto mitico, apparentemente ingarbugliato, che si conclude con le "Nozze di Cadmo e Armonia", l'ultimo banchetto al quale sono convitati mortali e numi dell'Olimpo (eccezion fatta per la festa in onore di Peleo e Teti, genitori di Achille).
Questo episodio conclude il libro omonimo di Roberto Calasso (la mirabile e completa rassegna mitologica lo conferma scrittore dotato di uno stile fuori dell'ordinario, come originali sono le scelte editoriali della casa editrice - Adelphi - di cui è il direttore), e chiude anche la convivenza tra uomini e dei. Poi, ricordando Christa Wolf in "Cassandra", nella storia delle civiltà a stupire di più sarà l'indifferenza degli dei verso gli uomini.
Si fa dunque ritorno nel mito, non a un passato dimenticato, bensì a una dimensione quasi atemporale, universale; il filo della trama intesse insieme le vite degli uomini e i disegni delle divinità greche, in sembianze umane o nello splendore delle loro tante epifanie, fino a quando si saldano a chiasmo nella figura di Cadmo, figlio del fenicio Agenore: il racconto inizia da lui, che si mise alla ricerca della sorella Europa rapita da Zeus in forma di toro, e si chiude, appunto, con le sue nozze.
Senza entrare nel dettaglio, vari sono ruoli e vicissitudini: oltre che devoto fratello, interprete di oracoli; uccisore del drago custode della fonte Castalia; mortale protetto da Atena che gli suggerì di seminare i denti della bestia, dai quali sarebbero nati gli Uomini Sparti (i "seminati"); servo per otto anni del dio Ares, padre del drago suddetto; re prescelto da Atena per la terra che in suo onore si chiamò Cadmea. Infine, ottenne il favore anche di Zeus che gli diede in moglie Armonia, figlia proprio di Ares e Afrodite.
Essendo la fanciulla di stirpe divina, gli dei consegnarono personalmente degli splendidi regali: tuttavia, due doni - una collana cesellata da Efesto e il favoloso manto da sposa - secondo Ananke (l'ineluttabile Necessità) saranno motivo di dolore per i loro successivi proprietari (tra i quali, Elena di Sparta); Ermes offrì a Cadmo una lira e Demetra gli portò in dono il frumento.
I due sposi vissero a lungo felicemente, al contrario della loro progenie (basti pensare alla povera Semele, madre di Dioniso, morta per aver chiesto di vedere Zeus in tutta la sua gloria, e allo sventurato Penteo, sbranato dalle Menadi durante un rito orgiastico), comportandosi da buoni sovrani per Tebe - non più Cadmea - in Beozia: prima di essere richiamati da Zeus all'Isola dei Beati, dove furono trasformati in neri serpenti maculati di azzurro, si dice che abbiano insegnato ai Beoti a scrivere con l'alfabeto fenicio, dal quale deriva quello greco (la sua origine si fa risalire intorno al X a.C., benché le vere e proprie iscrizioni in alfabeto greco, a noi pervenute, siano più tarde).
Cos'altro può essere un silenzio che non tace? Con l'alfabeto gli uomini entrano nella Storia; il mito, però, resta lì, sopra la storia, pur sempre "attuale".

Canzoni et alia: Analfabetizzazione - Veglia - Bosco

Analfabetizzazione

vd. relata

La mia madre io l'ho chiamata sasso,
perché fosse duratura sì,
ma non viva.
E i miei amici li ho chiamati piedi,
perché ero felice solo
quando si partiva.
Ed il mio mare l'ho chiamato cielo,
perché le mie onde arrivavano
troppo lontano.
Ed il mio cielo io l'ho chiamato cuore,
perché mi piaceva toccarci dentro il sole
con la mano.
Non ho mai avuto un alfabeto tranquillo, servile,
le pagine le giravo sempre con il fuoco.
Nessun maestro è stato mai talmente bravo,
da respirarsi il mio ossigeno ed il mio gioco.
Ed il lavoro l'ho chiamato piacere,
perché la semantica o è violenza
oppure è un'opinione.
Ma non è colpa mia, non saltatemi addosso,
se la mia voglia di libertà oggi è anche bisogno
di confusione.
Ed il piacere l'ho chiamato dovere,
perché la primavera mi scoppiava dentro
come una carezza.
Fondere, confondere, rifondere
e infine rifondare
l'alfabeto della vita
sulle pietre di miele
della bellezza.
Ed il potere
nella sua immensa intelligenza
nella sua complessità.
Non mi ha mai commosso
con la sua solitudine
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho chiamato prigione la sua felicità.
Ed il potere da quel giorno m'insegue,
con le sue scarpe chiodate di paura.
M'insegue sulle sue montagne,
quelle montagne che io chiamo pianure.

[dall'album Dalla parte del torto di un attuale cantastorie,
Claudio Lolli]

Finnegan's wake

vd. relata

Alfa beta gamma delta
sotto il ponte di Eraclito
dove passava il fiume mi bagnai le mani e l'abito.
Eins zwei drei vier
ascriverò il mio nome
nell'albo d'oro dei pazzi sul palcoscenico dell'errore.
Perché tutto si dice e perché tutto si fa
senza sapere il perché senza sapere come
perché a tutto si crede e perché a nulla si crede mai
barcolliamo tra falsi miti e uomini in malafede.
James tell me
what do you want to say
with your book Finnegan's wake.

Così in basso come in alto
la legge di Trismegisto
l'ermete che dall'Egitto segnava le stelle sul registro.
Più diviso meno per
io amo la matematica
perché lei non giudica i miei pensieri sulla genetica.
Perché viviamo nell'era della divina apparenza
della ferita profonda inferta al sole della coscienza.
Perché tutto ci piace e tutto ci assottiglia
e ci riduce al prezzo incollato sul tappo della bottiglia.
Perché viviamo al guinzaglio dell'indifferenza
dei tabulati dei grafici in borsa e dei capricci della scienza.
...
[dall'album Rossocuore del notevole Pippo Pollina]

Caratteristiche del bosco sacro

di Roberto Piumini

Quante, alte, immobilmente sparse nel nero,
limpidissime luci stillavano lente negli occhi
del piccolo Manas che le guardava: guardava,
vendicando di notte la troppa luce del giorno,
rubando a sé stesso un po' del sonno profondo
in cui, di solito, cari hanno i bambini riposo,
senza ricordo di tempo o di ogni altra violenza,
nel sonno, il più fedele e più amichevole gioco.
Largo con gli occhi, vagando, oppure scegliendo
una zolla del cielo, complessa ombra lucente,
là dove, innominate ma conosciute, le Esperidi
brillano come gioielli di una maldestra regina,
stava affacciato o disteso appena oltre la porta,
al cupo suono dei gufi e della strega-civetta.
Nell'odore del mondo, trama di vento e silenzio,
stava il piccolo Manas, misterioso a sé stesso,
misurandone, ai colpi del suo cuore segreto,
l'estensione infinita, la sterminata presenza.
«Piccolo mio, tesoro, - gli sussurrava Donira,
accucciandosi accanto, mormorando da amica,
- cosa vedi là in alto, che cosa guardi lassù?»
«Non lo so, madre, non so: guardo senza parole».
«Piccolo mio, hai freddo?» «No, madre, non ne ho».
«Piccolo mio, hai paura?» «No, madre, non ne ho».
«Vuoi che canti una storia, per farti addormentare,
e poi ti porti nel letto, vicino a tua sorella?»
E gli passava la mano sopra i capelli, toccando
le sue piccole orecchie, tiepide chiare conchiglie.
«No, io sto qui ancora, soltanto un poco, mi lasci?
Il gallo, là nei pollai, dormirà ancora a lungo,
e anche cani e capre stanno dormendo, lo sento
tutto il riposo che fanno, e a me piace guardare
quei punti che stanno in cielo, e ritrovare quelli
che già conosco: mi lasci?» Erano, le alte luci,
incredibili sillabe di sterminati racconti,
fatti, leggende, amori, e gli brillavano in volto,
mentre col vento scendeva dai pianori di Cabla
il lontanissimo, cupo, quieto annuncio del lupo.